Musica di Protesta
C’è stato un tempo in cui le canzoni di protesta erano semplici e dirette. Magari erano ingenue, ma avevano qualcosa, un fuoco, un’immediatezza. Ce n’erano di incazzate, di sognanti, di utopistiche. Le migliori smuovevano qualcosa dentro.
Potevano prendere di mira i signori della guerra, i nemici della rivoluzione, il presidente degli Stati Uniti o il grande nemico di tutti i liberi pensatori rock, il Sistema. In tutti i casi, reclamavano un’adesione emotiva. Accomodarsi dalla parte del giusto era facile e appagante.
Oggi non funziona più così. O meglio, uno ci può anche provare a scrivere un inno di protesta come quelli di cinquant’anni fa, ma rischia d’ottenere una cosa che somiglia a un brutto post di Facebook.
Il rock è cresciuto, il linguaggio è cambiato, la coscienza della complessità del mondo ci impedisce di continuare vedere le cose in modo dogmatico. Col risultato che scrivere un inno politico è diventato difficile e lo è ancor di più se si ha l’ambizione di affrontare temi complessi senza imboccare la scorciatoia dei populismi. Provincia Canto Catania Insegnante
2k20
In questi ultimi due anni tutto è cambiato, le relazioni sociali, il lavoro, lo svago, lo sport, l’arte in tutte le sue forme si sono trasferiti online sopravvivendo all’interno di molteplici piattaforme social (che di sociale hanno ben poco). Doveva essere una breve parentesi ma sta diventando “la nuova normalità”.
Da cantante ed insegnante mi piace sempre scoprire nuovi artisti, nuove canzoni, nuovi video per trarre nuovi spunti d’ascolto, di riflessione e di divertimento. Dopo un anno posso trarre le mie conclusioni.
Noto sempre più spesso un appiattimento di contenuti, di messaggi, di emozioni e di attenzione. L’artista non può trincerarsi dietro uno schermo, la performance può essere ripresa e mediata da un supporto audio o visivo ma allo stesso tempo ha bisogno di vivere nel “qui e ora” in quella fusione con il pubblico che diventa “magia”.
Oggi anche il pubblico è diventato protagonista come presagiva e preconizzava Andy Warhol nei suo famosi “5 minuti di popolarità” e si sta perdendo, nella massa, il confine qualitativo tra arte e esibizionismo.
Manca un messaggio chiaro, una visione del mondo, un ideale da cantare, da recitare, da esprimere con il corpo. Tutto diventa fine a sé stesso per il semplice scopo di “apparire” e raccogliere qualche like. Ma non si vive di like, né da un punto di vista economico né spirituale.
Oggi come non mai, in questo futuro sempre più tecnologico e distopico, c’è bisogno di un messaggio, di una luce, di una direzione che ci ancori al nostro “essere umani”. I cambiamenti, le trasformazioni sono inevitabili e naturali, ma adesso si sta facendo un grande salto nel buio.
Siamo pronti a cedere la nostra anima e a mischiarci con le macchine? Siamo ancora padroni del nostro destino o diventeremo definitivamente schiavi di noi stessi e del mondo virtuale che abbiamo creato?
Eutopia – Massive Attack
In questo periodo ho scoperto Eutopia l’ ultimo EP digitale dei Massive Attack. La parola indica un mondo ideale che si distingue dall’utopia poiché possibile.
Non è un EP tradizionale, non lo si trova sulle piattaforme di streaming, ma solo su YouTube e sul profilo Instagram della band. Non sono nemmeno canzoni, ma reading su basi musicali confezionate con Young Fathers, Algiers, Saul Williams e una parte visiva prodotta da Mario Klingemann.
In quest’ album i Massive Attack affrontano temi come il reddito universale, i paradisi fiscali e il cambiamento climatico, facendo affidamento su tre studiosi delle materie, rispettivamente Gabriel Zucman, Guy Standing e Christiana Figueres. Ognuno è impegnato in un piccolo TEDx su uno di questi temi. Alla fine di ogni pezzo compare una citazione dell’Utopia di Tommaso Moro. Il reading di uno scienziato abbinato a una base musicale è un format affascinante che ogni tanto s’incontra nel rock, dall’abbinamento fra Stephen Hawking e i Pink Floyd sino al lavoro degli italiani Deproducers.
C’è di solito un intento divulgativo, che nel caso dei Massive Attack diventa qualcosa di diverso: un modo per orientare le idee. Eppure queste cosiddette “canzoni”, le si ascolta una volta e non di più. Non attecchiscono come le classiche canzoni che riascolteresti all’infinito. Sono esperimenti suggestivi e in alcuni passaggi informativi, ma per forza di cose un po’ freddi.
Credo che la musica e l’arte in genere debbano assolutamente riappropriarsi della dimensione “live”, non vedo assolutamente altre strade. L’Arte deve tornare ad emozionare ed emozionarsi. Deve gettare semi di speranza, alimentare i sogni, creare sorrisi e lenire ferite.
L’unica strada che rimane è quella di imbracciare nuovamente il coraggio di essere Artisti, di sporcarsi le mani ed esporsi controvento a quel pensiero unico che sta cominciando a dominare questa nuova Era. Provincia Canto Catania Insegnante Provincia Canto Catania Insegnante Provincia Canto Catania Insegnante Provincia Canto Catania Insegnante