L’ascolto di De André a scuola – parte prima
Ho cominciato a scoprire il fascino delle canzoni italiane sin dalla prima infanzia grazie alle tante audiocassette che mio padre metteva nello stereo durante i lunghi viaggi in macchina.
Avevo all’incirca quattro anni ed il primo cantautore di cui ho piena memoria fu Lucio Battisti con il suo album “Emozioni“, un insieme di brani entrati nella memoria collettiva che già allora mi incuriosivano e mi affascinavano, anche se ovviamente, data la tenera età, non ne coglievo a pieno i significati e le sfumature. Quello che ricordo chiaramente è che creavano nella mia mente immagini vivide con cui iniziai sin da subito a fantasticare.
La scoperta
All’età di sette anni ho scoperto in casa il vinile di Fabrizio De André dal titolo “Vol.3“. Cominciai subito ad ascoltarlo. Il brano che apriva l’album era La canzone di Marinella. Non so bene cosa mi abbia colpito immediatamente, forse la voce baritonale e avvolgente o i racconti che dipingevano immagini nitide o ancora la malinconia ed ironia dei testi.
L’unica cosa di cui sono certo è che da quel momento iniziai ad ascoltare De André con grande piacere, alle volte mi sdraiavo sul divano, mettevo sul piatto il vinile e leggevo i testi che si trovavano all’interno.
Ricordo ancora quella volta in cui canticchiai per casa Si fossi foco, canzone tratta da un sonetto di Cecco Angiolieri e mia madre mi rimproverò perché avevo appena declamato la strofa “S’i’ fosse morte, anderei da mio padre; s’i’ fosse vita, fuggirei da lui” ma a quel tempo non avevo assolutamente consapevolezza di ciò che stavo cantando.
Di quell’album amavo moltissimo la storia del soldato partito per la guerra e di cui ritornarono in patria solo le “mostrine e le stelle”, narrata nella Ballata dell’eroe, era questa la mia preferita. Allo stesso tempo sorridevo ascoltando Il gorilla, Il Testamento e mi facevo trasportare a corte attraverso Il re fa rullare i tamburi.
Un pomeriggio del 1990 ricordo che un mio cugino arrivò a casa con il vinile “Le nuvole“. Subito incuriositi cominciammo ad ascoltarlo. L’album iniziava con il frinire di cicale e un Sustain di archi introduceva una voce anziana che recitava “Vanno, vengono…”. Immediatamente i pensieri cominciarono, curiosi e assetati, a danzare oltre quelle parole, come nuvole leggere.
L’importanza delle parole e delle buone idee
Credo fermamente che avere a che fare con le parole e le buone idee, pur senza comprenderle a fondo, faccia in modo che queste vengano assorbite non solo dalle orecchie e dall’intelletto, ma dalla pelle, da ogni organo vitale, per poi depositarsi stabilmente con effetti benefici e duraturi in quella porzione di cuore dove risiedono l’amore e il rispetto per l’altro, il desiderio di uguaglianza e la libertà di pensiero.
Tutte qualità di cui un bambino, una volta diventato adulto, non dovrebbe fare a meno.
Tantissimi sono i brani del grande Faber, che col tempo ho scoperto e riscoperto. Ancora oggi che mi accingo a scrivere questo articolo, tra quelle parole continuo a scoprire nuovi significati, nuovi mondi e nuove storie che nonostante il tempo rimangono fonte intatta di Bellezza e Riflessione.
Oggi più che mai c’è bisogno di far viaggiare i pensieri liberamente, perché la tecnologia sempre più invadente e la musica, resa ormai mero prodotto di consumo, conducono all’appiattimento e all’omologazione dell’individuo, dei suoi sogni e dei suoi desideri.
Edgar Morin ci consegna due domande sulle sorti dell’umanità:
Quale pianeta lasceremo ai nostri figli? A quali figli lasceremo il nostro pianeta? Catania Insegnante Provincia Canto Catania Insegnante Provincia Canto Catania Insegnante Provincia Canto
– Continua la lettura nella seconda parte dell’articolo –